Eruzioni effusive ed esplosive
Un ricorrente
sistema di classificazione delle eruzioni, prevede la distinzione in eruzioni
di tipo effusivo ed esplosivo. Tale distinzione è meglio comprensibile
analizzando le trasformazioni chimico-fisiche (fig. 1) subite dal magma in
ascesa lungo i condotti vulcanici (per approfondimenti: Il Vulcano Ischia).
Eruzioni di tipo effusivo
Sono prodotte da magmi con basso contenuto in acqua, soggetti a
un’unica ma notevole trasformazione chimico-fisica, la vescicolazione (fig. 1):
con tale processo l’acqua contenuta essolve,
ossia forma una schiuma di bolle sulla testa del magma. Quanto minore è il
tenore di acqua nel magma tanto posteriore è la vescicolazione; per questo,
nelle eruzioni effusive essa avviene molto tardi, quando il magma è ormai
prossimo alla superficie.
Se il magma è poco viscoso, si verifica l’emissione di una colata di
lava (fig. 1). Le colate discendono lungo i fianchi del vulcano con velocità
contenute (<20 km/h)
e coprono distanze variabili in funzione di tre fattori: pendenza della
superficie di scorrimento, tasso di emissione e viscosità. Solidificandosi,
formano una roccia compatta con una matrice omogenea, per composizione e
colore, punteggiata da minerali, come, p.es., la colata di Zaro, emessa 6500
anni fa. Se la lava si degassa intensamente prima di solidificarsi, genererà
una roccia bollosa, abbastanza leggera e con pochi ma grandi minerali, come
quella formata dalla colata dell’Arso (vedi: Il Vulcano Ischia).
Magmi molto viscosi (fig. 1), scorrendo lentamente, possono restare
intrappolati nel cratere e formare un ammasso roccioso emisferico: un “duomo
lavico”. Anche questa fenomenologia è ricorrente a Ischia: i celebri isolotti
del Castello Aragonese e di Monte Sant’Angelo sono, infatti, due duomi
risalenti rispettivamente a 130 e 100 mila anni fa (vedi:
Il Vulcano Ischia).
Eruzioni di tipo effusivo
Sono, invece, tipiche di magmi con alti contenuti di acqua. Il magma,
pertanto, oltre alla vescicolazione, fa anche a tempo a subire la
frammentazione, altro notevole processo che ne sconvolge la natura
chimico-fisica, trasformandolo da massa caotica in una miscela di particelle
fini e gas a elevate temperature (5-600°C). Tale miscela, scagliata bruscamente
attraverso il condotto vulcanico, in pochi attimi raggiunge la superficie;
indi, innalzatasi sul cratere, forma un jet turbolento che, per il suo
caratteristico moto vorticoso, si mescola efficacemente con l’atmosfera. Come
conseguenza la densità complessiva della miscela risultante diminuisce e
l’intera massa si sospinge ancora più in alto, formando la colonna pliniana, la
fenomenologia che abitualmente apre un’eruzione esplosiva. Vi si riconoscono
almeno 2 porzioni (fig. 1): la Convective Region
dominata dai moti convettivi del jet e con densità maggiore dell’aria e, oltre
la quota HB, l’Umbrella Region,
che, siccome ha una densità minore dell’aria, si presta all’azione di
modellamento dei venti, sviluppandosi in direzione a loro opposta.
La colonna, che può raggiungere una quota massima di 60 km, è composta da
materiali di duplice natura: juvenile
(in base alle dimensioni, si distinguono in pomici, lapilli e ceneri) se
derivano dalla solidificazione delle particelle di magma prodotte dalla
frammentazione; accidentale, se non
sono di origine magmatica ma sono stati estirpati (dai meccanismi turbolenti)
dalle pareti del condotto.
Tali materiali sotto la spinta del jet vengono lanciati verso le
porzioni alte della colonna; qui, esauritasi la spinta del jet, ricadono al
suolo sottoposti all’accelerazione gravitazionale e ai venti. Si formano così i
depositi dei prodotti da caduta che, secondo un modello di Walker (1972),
assumono una caratteristica distribuzione a ellisse, con il vulcano che occupa
un fuoco e il semiasse maggiore coincidente con la direzione dei venti ad alta
quota; essi si presentano stratificati e i loro spessori diminuiscono
allontanandosi dal centro eruttivo. La citata eruzione dell’Arso fu aperta da
una colonna pliniana, le cui ceneri piovvero su Avellino e Cava dei Tirreni.
Può accadere che la colonna pliniana non ascenda completamente o che
collassi (fig. 1) in seguito a improvvisi appesantimenti (p.es., erosione del
condotto); si formano, allora, i flussi piroclastici, la fenomenologia
vulcanica più pericolosa.
I flussi piroclastici consistono nello scorrimento di ingenti quantità
di magma e gas a elevate velocità (50-100 km/h) e temperature (1-200º C), capaci di
superare contropendenze e coprire grandi distanze (decine di km). I depositi si
presentano caotici, eterogenei e privi di stratificazione. Il Tufo Verde è
composto da molteplici unità attribuibili a flussi piroclastici emessi nel
corso di tale evento.
Le eruzioni esplosive, dunque, si manifestano con fenomenologie (colonna
pliniana e flussi piroclastici) estremamente pericolose sia per la loro
dinamica che per i volumi dei materiali emessi (>0,1 km3).