lunes, 8 de agosto de 2011

Sintesi dell'eruzione dell'Arso

Correva l’anno domini 1302. Ischia, annessa soli tre anni prima al “Regno di Napoli”[1], era stata affidata da Carlo II d’Angiò alla guida di Cesare Sterlich. E al conte, ex-ambasciatore angioino presso la corte pontificia, spettò il gravoso incarico di gestire la situazione di crisi successiva all’eruzione dell’Arso divampata, quello stesso anno, sull’isola.

Ecco come l’annuncia Giovanni Villani, grande storico del tempo, nella sua Nuova Cronica [VIII, 54].

“Nel detto anno 1302 l’isola d’Ischia, la quale è presso Napoli, gittò grandissimo fumo, per modo che gran parte dell’isola consumò [..]; e molti per iscampare fuggirono all’isola di Procida e a quella di Capri, e a terra ferma di Napoli, e a Baja, e a Pozzolo e in quelle contrade, e durò la detta pestilenza più di due mesi”.

Il cratere si formò nei pressi di Fiaiano, in località Solfonaria (poi ribattezzata Arso con evidente allusione all’eruzione), là dove esisteva un campo fumarolico da cui si estraeva lo zolfo.

Secondo Rittmann e Gottini [1981], l’eruzione fu aperta da una fase di violente esplosioni freato-magmatiche, protrattesi per uno-due giorni, durante le quali le rocce frantumate della Solfonaria, frammiste a pomici e ceneri, seppellirono a valle il settore E dell’isola e, in particolare, Terra Plana, l’area compresa tra il Castello e il Lago (Porto d’Ischia) dove risiedevano numerose famiglie. Come raccontano alcune cronache[2], ingenti quantità di pomici, comunque, si sparsero sul mare, mentre le ceneri raggiunsero il continente, ricoprendo addirittura Avellino e Cava dei Tirreni.

Dopo una breve quiete si produsse una seconda fase esplosiva con lancio di scorie che formarono un anello di prodotti piroclastici. Nel cratere iniziò ad accumularsi magma che finì per traboccare nel punto più basso, a SE: qui si sviluppò una potente colata di lava (ca. 30 milioni di m3) che precipitò verso il basso, in direzione NE, incanalandosi in una valle che era percorsa dal Rio Corbore[3]. Colmata la valle, la colata, ormai prossima all’allora linea della costa, si espanse lateralmente, a ventaglio, e spingendosi nel mare per ca. 200 m, formò Punta Molina (vedi figura).

L’eruzione, durata all’incirca due mesi, fece numerosi morti e costrinse i superstiti a rifugiarsi sul Castello, che per lunghi anni restò l’unico nucleo abitato dell’isola.

[Parzialmente estratto da: Il Vulcano Ischia. Miti, storia, scienza.]

[1] Denominazione data dalla storiografia moderna all'antico stato italiano esistito, pur con alterne vicende, dal XIII al XIX secolo, in sostituzione di Regno di Sicilia, il nome ufficiale.

[2] Bartolomeo Fiandoni, Annales seu gesta Tuscorum ab anno 1061, in Muratori, Rerum Italicorum Scriptores, tomo XI, p. 1221; Codice Cavense delle Tavole Decennovenali di Beda (1034-1315), in D’Aragona G.B., Codex Diplomaticus Cavensis, tomo V, Milano, 1878, Appendix, p. 67.

[3] Prima dell’eruzione dell’Arso, il Rio Corbore scorreva in una valle che da Piedimonte attraversava i Pilastri e, proseguendo verso N-E, sfociava in mare. In seguito all'eruzione, proprio quest’ultimo tratto dell’alveo fu colmato dalla lava della colata che, pertanto, ne modificò il drenaggio.